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REVENUE MANAGEMENT “UTOPIA” by giancarlopastore

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Aspirazione o speranza generosa ma spesso irrealizzabile.

Le politiche di Revenue nel comparto alberghiero trovano efficacia se costruite e implementate con il comune impegno di molteplici soggetti/operatori nel collocare la “PIAZZA” (intesa come area vendibile).

  • MARKET SEGMENT SHARE
  • FAIR SHARE
  • MARKET SHARE
  • INDICE DI CONCORRENZA
  • PENETRATION FACTOR
  • COMPETITIVE INDEX

La solitudine del singolo albergatore/direttore peggiora la positività energetica e a cascata sui collaboratori.

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RISTORANTE COMPERARE O AFFITTARE?

COMPERARE O AFFITTARE

Articolo di Giancarlo Pastore Italia a Tavola  APRILE 2012

L’immobile

Valutato l’immobile da acquistare si procederà alla verifica catastale della proprietà dei locali.

Sì passerà all’ufficio del catasto, dove sono registrati i terreni e le costruzioni esistenti di competenza provinciale richiedendo visura catastale.

Ogni passaggio di proprietà è tassato sulla base di coefficienti di tassazione che dipendono dalla destinazione d’uso dell’immobile (o di porzione di esso).

Importante accertarsi dei vincoli di natura economica, ipoteche o mutui.

La compravendita

Il passaggio di proprietà avviene stipulando un contratto.

La scrittura privata è una bozza-preliminare sui contenuti della compravendita.

Il contratto preliminare (compromesso) contenente informazioni e clausole con la relativa caparra.

Il contratto di locazione

E’ una scrittura privata tra le parti con successiva registrazione pubblica dell’atto all’Ufficio del Registro. Il contratto di locazione d’immobili di un’attività di ristorazione, è di sei anni, rinnovabile per un corrispondente periodo se il locatario (colui che concede in locazione l’immobile) non invia disdetta con preavviso di almeno dodici mesi. Rimane fermo il diritto dell’inquilino di recedere dal contratto in qualsiasi momento dando preavviso al proprietario dell’immobile generalmente con almeno tre mesi di anticipo.

Il contratto di affitto d’azienda

Si tratta in questo caso di un contratto atipico. Per affitto di azienda s’intende la locazione e le attrezzature, impianti, nome, marchio esistenti.

In campo commerciale si sono sviluppati contratti non regolati dal codice civile e che a tutt’oggi non hanno ricevuto una disciplina completa.

Si tratta di soluzioni contrattuali che si sono diffuse notevolmente nel mondo imprenditoriale e che, talvolta, hanno sostituito i tipi legali sanciti dal codice. Il declino ha riguardato, ad esempio, la vendita con riserva della proprietà che è stata sostituita dal contratto di leasing o la vendita con esclusiva che ha ceduto con l’introduzione del franchising.

Oggi, accanto ai modelli conosciuti del contratto di leasing, factoring, franchising, incontriamo altre formule che si sono lentamente affermate negli ultimi anni; si pensi al contratto di catering e a quello di know how. Il leasing è quello in cui una parte concede ad un’altra il godimento di un bene dietro corrispettivo di un canone periodico per un certo periodo di tempo. In questo contratto si combinano due distinti contratti: la compravendita, con la quale la società di leasing acquista il bene dal fornitore, e la locazione con cui la stessa società concede il godimento del bene all’utilizzatore.

Il leasing finanziario è un vero e proprio finanziamento per l’imprenditore: la società finanziaria acquista per conto di un’impresa un bene a questa necessaria per la sua attività e alla stessa lo concede in godimento. Infine, il lease-back, molto diffuso nella pratica commerciale, è il contratto con cui l’imprenditore vende ad una società di leasing il bene al fine di ottenere una liquidità; la disponibilità del bene rimane all’imprenditore che ne diviene utilizzatore.

La scelta tra acquisto e affittanza crea seri motivi d’indecisione.

Se non conosciamo i meandri della legislazione, ci potremmo imbattere in sgradite sorprese.

Per tanto qui di seguito un breve accenno sul mondo del compro e vendo.

La forma giuridica

Nel linguaggio quotidiano, i termini “impresa”, “azienda” e “ditta” sono usati come sinonimi.

In realtà, da un punto di vista giuridico, tali termini definiscono tre concetti ben diversi e distinti.

In particolare:

L’impresa è l’attività svolta dall’imprenditore, secondo i casi può essere di natura agricola, commerciale o artigiana;

L’azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per svolgere tale attività (art. 2555 Codice Civile) e comprende locali, arredi, macchinari, attrezzature, ecc.;

La ditta, infine, è la denominazione commerciale dell’imprenditore (art. 2563 Codice Civile), cioè il nome con cui egli esercita l’attività d’impresa distinguendo la propria azienda da quelle concorrenti.

 

L’impresa di ristorazione è un’impresa commerciale e svolge un’attività diretta alla somministrazione di pasti e bevande. L’esercizio di tale attività può essere svolto individualmente o assieme ad altre persone.

Nel primo caso avremo la possibilità di scegliere tra: ditta individuale, impresa familiare; mentre nel secondo caso si potrà scegliere tra: società di persone,società di capitali,società cooperative.

Impresa individuale

Nell’impresa individuale le responsabilità dell’intero investimento sono prese dall’imprenditore e quindi questi diventa l’unico referente davanti ad ogni interlocutore: fornitori, dipendenti, fisco, etc. Il rischio d’impresa si estende quindi a tutto il suo patrimonio personale.

Vantaggi derivano dal fatto che la gestione amministrativa è più snella e più economica di altre.

Impresa familiare

L’impresa familiare è un’impresa individuale alla quale possono però collaborare il coniuge, i figli e altri parenti entro il III grado. Vi è condivisione di utili tra i membri e potere decisionale in rapporto al lavoro prestato.

Le società di persone sono:

Le Società in nome collettivo (SNC),

Le Società in accomandita semplice (SAS).

Nelle società, l’apporto di capitali da parte dei soci è limitato, quindi il capitale delle società è ristretto.

La qualità professionale e morale dei soci ha maggiore rilevanza rispetto ai beni che sono conferiti alla società. L’amministrazione può spettare solo ai soci che devono rispondere anche personalmente in caso di debiti contratti dalla società.

Le società in nome collettivo

Si costituiscono con la firma congiunta di un atto pubblico che è sottoscritto davanti a un notaio e successivamente iscritto al Registro delle Società Commerciali presso la Cancelleria del Tribunale.

Le società in accomandita semplice

Diversamente dalla precedente, distinguono i soci in accomandanti e accomandatari. I soci accomandatari hanno responsabilità personale e illimitata. Gli altri non hanno poteri di amministrazione e rappresentanza, pertanto rispondono dei debiti sociali solo in rapporto alla quota da loro sottoscritta.

Le società di capitale sono:

Le Società a responsabilità limitata (Srl), le Società per azioni (Spa).

Nelle società di capitale è la società stessa con i suoi beni, e non i soci, ad essere titolare dei diritti e dei doveri connessi allo svolgimento dell’attività. La responsabilità dei soci è limitata alla quota sociale da loro conferita. I creditori possono rivalersi soltanto sul capitale sociale e non su quello personale dei soci.

In una società di capitali, è più facile rivendere le proprie quote rispetto a quello che può avvenire in una società di persone.

Le società a responsabilità limitata

Presentano quote sociali che non sono rappresentate da azioni e quindi sono facilmente trasferibili. Questa società è particolarmente indicata ad aziende di medie dimensioni.

Le società per azioni

Le azioni in possesso dei soci rappresentano la misura con la quale il socio stesso può partecipare con diritto di voto alle assemblee, può partecipare agli utili

Le società cooperative

Nascono dall’intesa di un nucleo di persone che svolgendo attività economica ottengono benefici che singolarmente non potrebbero raggiungere. Le cooperative non perseguono primariamente scopo di lucro, benché vendano servizi e prodotti sul mercato. Gli utili sono ripartiti tra i soci solo entro certi limiti, per non perdere le agevolazioni previste dalla legge. Il capitale delle cooperative varia in ragione del numero dei suoi soci.

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